Justin Timberlake: Justin Timberlake – Via tutti! L’erede di Michael Jackson è sempre lui! di Fabio Fiume

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Ci ha impiegato ben 7 anni, che discograficamente sono una vera infinità, ma bisogna subito riconoscere, ascoltando questo “The 20/20 experience” che per Justin Timberlake tali anni non sono passati inutilmente. L’ex ragazzotto prodigio tutto riccioli biondi, voce del club Disney, divenuto poi front man della più premiata boyband americana, quegli Nsync la cui musica plasticosa non superava mai indenne il secondo ascolto, e successivamente bell’ esemplare di maschio/macho, sano portatore di un pop da classifica prodotto dopo l’ascolto di varie cose ( Michael Jackson in testa ), adesso è diventato un uomo anche nelle scelte musicali, decisamente più raffinate, non sempre conformi ad un gusto omologato, pop si, ma con ampie aperture al soul, al jazzy, all’ r’n’b meno commerciale e più da night club. Questo in sintesi il suo nuovo lavoro “The 20/20 experience” che rinnova la collaborazione tra Justin, che nel frattempo è diventato ricercatissimo ed anche ben pagato attore di Hollywood, e Timbaland, suo produttore mentore di sempre, che con lui e su di lui si è inventato un genere che ha fatto davvero fortuna; di lui Timberlake dice: “non saprei farne a meno. A volte entro in sala con un refrain nella testa e lui solo ascoltandolo, inventa suoni, iniziando ad arrangiarlo. E’strano se si pensa che spesso siano solo idee che non diverranno canzoni, mentre a volte avviene la magia e nasce un pezzo”. Ed infatti anche Timbaland, che ogni cosa che tocca è sempre piena negli arrangiamenti di suoni onomatopeici, c’è da dire che per questo lavoro ha ridotto al minimo la sua propensione ed ha fornito un campionario decisamente più maturo di suoni, pur basandosi molto sulle campionature. Il forte della sua produzione più solita può riscontrarsi unicamente in “Tunnel Vision”, che spacca a metà la tracklist, quasi come a creare una pausa, fornendo un tocco del suo passato in cui i fans possono riconoscersi e riconoscerlo. Justin di suo gioca molto con la tecnica, come in “Suit & Tie”, il singolo apripista in cui non tocca mai la voce piena se non nell’introduzione, volteggiando con falsetti non fastidiosi, che fanno molto Motown per un brano che ( tranne per l’intervento rap di Jay Z ) riproduce proprio quelle atmosfere. Tutti i brani non sono concepiti per essere resi singoli, per essere inviati alle radio con la spada di Damocle dei 3 minuti e 15 sulla testa, altrimenti “non ti passo”; Justin sfida il sistema e concepisce con la sua squadra brani che tranne un caso, sono tutti superiori ai 6 minuti e reagendo al problema radio con una scrollata di spalle. “Facciano ciò che vogliono! Volevo fare un disco come una volta, non potevo pormi questo problema” dice convinto.

E difatti come possono le radio ignorare un brano bellissimo e funzionale ( “fanculo”  gli 8 minuti di durata ) come “Mirrors”, l’attuale singolo? Davvero Justin in esso si è superato, mettendo a segno il brano della vita, attuale nei suoni, ma con una melodia trascinante ed un amalgama corale da lui stesso curato, che rafforza il senso di appartenenza del testo, ancor di più forte con il video di supporto, che proietta immagini di un amore lungo una vita. Fa tanto anni 70 l’intro di “Strawbarry bubblegum”, di quelli col vocione profondo alla Barry White, prima che parta il beat campionato ripetuto in loop, su cui è Justin a disegnare vocalmente la melodia. Intensa la ballata “Spaceship coupe”. “The 20/20 experience”, che frattempo in Usa già veleggia attorno ai 2 milioni di copie, è arrivato insomma a ricordare a tutti che Justin, pur se distratto dal recente matrimonio, ( la moglie è Jessica Biel, mica Gina la commessa !!!) e dai tanti film che lo vedono richiesto protagonista, è ancora il re del pop del nuovo millennio, l’erede principe di Michael, ma non solo dal punto di vista commerciale, anche da quello gustosamente musicale, con una sola differenza ( non da poco): Michael il pop lo inventava!
Otto 1/2

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